Giappone

Aprile 2017

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Alessandra C. commenta il viaggio in Giappone in aprile 2017


Quel che resta del Giappone

Viaggiare ed assaporare è stato un tutt’uno con il gruppo Giappone, primavera 2017.

Per me che ho visitato questo paese per la prima volta, è stato importante tenere un ritmo di viaggio sostenuto, sì, ma che ha permesso di prendersi tutto il tempo per sgranare gli occhi e godere appieno di tutto quello che vedevo.

Non scorderò mai i verdi del bosco di bambù ad Arashiyama, del muschio del tempio Gyoji, del tè verde nelle tazze e nelle botteghe di Uji.

I colori: la prima impressione che si è imposta al mio sguardo e che è rimasta nel cuore. Il violetto e il bianco dei grappoli di glicine, il rosa delicato degli ultimi ciliegi in fiore, il rosso acceso delle azalee. E come dimenticare le fantasie dei kimono che camminavano per strada?

Dall’impressione alla contemplazione, quella delle vere opere d’arte del Giappone: i suoi giardini. Davanti a quegli spazi curati ad arte è arrivata una sensazione nuova. Il vuoto. È bastato perdere lo sguardo tra le lanterne, i ponti, i rivoli d’acqua. Il fardello di stress che mi ero portata appresso dall’Italia si è alleggerito, senza sforzo. Tutto sparito, risucchiato da un vortice, giù per qualche scarico dell’anima. Non mi importava capire. Bastava quella sensazione. Di vuoto. Un vuoto che non era il nulla, ma spazio.

E la luce continuava a filtrare tra i rami.

Il respiro ampio. Il cuore come sollevato, proteso a guardare fuori un mondo nuovo e diverso, in silenzio. Un sorriso diverso mi ha dischiuso il viso. Sereno e inaspettato. Un regalo davanti a cui rimanere senza parole.

Tanto ancora abbiamo visto e condiviso. Compagni di viaggio esperti, neofiti, curiosi: tutti accomunati dallo stupore. I giorni sono passati. Il continente visitato per la prima volta è lontano. Belli i ricordi, le foto scattate e condivise. Come ogni altro viaggio. Come altro bellissimo viaggio. Eppure, questa volta…

Di nuovo immersa nel tran-tran quotidiano, ho ripreso lavoro, abitudini, a dormire nel mio letto all’occidentale. Eppure… lì, tra lo sterno e il plesso solare, si apre uno spazio, abita un calore. Ecco dove è rimasto il Giappone. Ecco che è rimasto. Uno spazio aperto, sempre vuoto o forse solo pronto a riempirsi, di altro, di inaspettato, di autentico. Ora nutro una nuova ammirazione per questo paese e ancora tanta curiosità. E così ho iniziato a leggere i suoi autori, le storie ambientate nei suoi luoghi.

Ora è ancora Giappone.

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